Nota metodologica: : Nascita e morte delle imprese 1

1 - Le fonti

Per la ricostruzione dei tassi di natalità e mortalità delle imprese abbiamo fatto riferimento in primo luogo alle informazioni presenti negli archivi (o, più recentemente, rese pubbliche dal sistema) delle Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura (CCIAA) ed in particolare ai contenuti del cosiddetto Registro delle Imprese (www.registroimprese.it).

Previsto già dal codice civile del 1942 (art. 2188), il Registro delle Imprese ha trovato concreta attuazione solo con la legge 29 dicembre 1993, n. 580, ed è diventato operativo con il D.P.R. n. 581 del 1995. Al Registro delle imprese sono tenute ad iscriversi le imprese con sede in Italia. Esso costituisce la fonte primaria di certificazione dei loro dati costitutivi, e raccoglie informazioni concernenti la forma giuridica, il settore di attività economica, la sede sul territorio nazionale, ma anche tutti gli atti concernenti l'attività d'impresa. Il Registro delle imprese è tenuto dalle CCIAA presenti presso (quasi) tutte le Provincie italiane e viene regolarmente aggiornato

Nel Registro delle Imprese sono confluiti il Registro delle Società Commerciali, tenuto originariamente presso le Cancellerie dei tribunali, e il Registro delle Ditte, depositato presso le Camere di Commercio. Prima del 1942 i due registri, delle Società e delle Ditte, costituivano i due sistemi di registrazione fondanti dell'apparato anagrafico commerciale dello Stato. Il primo - il Registro delle Società Commerciali – era stato previsto dal Codice di Commercio del 1882 (che aveva sostituito il Codice di Commercio del 1865 con il quale erano state estese al territorio dell’Italia unita le disposizioni del Codice di commercio del Regno di Sardegna). Il secondo – il Registro delle Ditte – era stato, invece, istituito dalla legge 20 marzo 1910, n. 121, sul riordinamento delle Camere di commercio.

L’esigenza di rendere conoscibili, attraverso un adeguato regime di pubblicità, gli atti e fatti che riguardano l'attività d'impresa era stata espressa con chiarezza dal Codice di Commercio del 1882. L'art. 2 del Regolamento attuativo del Codice disponeva, infatti, che i cancellieri dei Tribunali di commercio dovessero tenere “in carta libera e secondo i modelli annessi”: 1) il registro d'ordine; 2) il registro delle trascrizioni; 3) il registro dei libri di commercio; 4) il registro delle società. Dopo l'abolizione dei Tribunali di commercio, avvenuta nel 1888, l'obbligo prescritto dal Codice passò in capo ai Tribunali civili. Sebbene si trattasse, per il tempo, di un regime di pubblicità piuttosto elaborato esso era manchevole per quanto concerneva le imprese individuali. Mancanza a cui si sopperì nel 1910 con l’istituzione del Registro delle Ditte (e l’assegnazione ad ogni impresa di un numero identificativo: il “numero del Registro delle Ditte”), completando così l’insieme di informazioni necessarie a rendere concreto il concetto di “conoscenza per l’opponibilità”.

L'informazione contenuta nei due registri era peraltro non proprio la stessa. La legge prescriveva, infatti, che il Registro delle Società fornisse informazioni sulla società in termini di sede, capitale sociale, denominazione e durata, ma anche sulle generalità dei partecipanti all'attività sociale e sul titolo con cui gli stessi vi prendevano parte (ruolo nella società e quota del capitale sociale). Nel Registro delle Società le vicende societarie venivano ripercorse in maniera unitaria essendo trascritte nella sezione dedicata alla specifica società. Il Registro delle Ditte copriva, invece, non solo le società ma anche le ditte individuali. Le registrazioni relative a iscrizioni, modifiche, cessazioni e cambiamenti nella compagine imprenditoriale erano effettuate separatamente nel momento in cui intervenivano e la vita di una ditta poteva quindi essere ricostruita solo combinando informazioni diverse relative alla ditta stessa presenti nei diversi istanti temporali.

Il Registro delle imprese doveva andare a rappresentare un sistema organico e completo di pubblicità legale di tutte le imprese commerciali non piccole esercitate sia in forma individuale che sociale. Nessun obbligo era, invece, imposto alle imprese agricole, la cui pubblicità era indirettamente garantita dalla trascrizione nei registri immobiliari dei terreni delle varie aziende agricole.

Gli articoli 100 e 101 delle disposizioni attuative del Codice Civile del 1942 stabilirono poi il mantenimento del Registro delle Società commerciali, fino a che non si fosse reso pienamente operativo il Registro delle Imprese. In realtà, come si è visto, il Registro delle Imprese sarebbe rimasto sulla carta per oltre cinquant' anni, trovando attuazione solo con la legge 29 dicembre 1993, n. 580 (e con il relativo regolamento di attuazione: D.P.R. 7 dicembre 1995 n. 581). Collocando il Registro delle Imprese presso le CCIAA si volle dare continuità alle precedenti esperienze dei Registri delle Società e delle Ditte e sfruttare al meglio le capacità di elaborazione statistica e di informatizzazione delle stesse CCIAA. Non a caso, per garantire la continuità, il numero del Registro delle Ditte (RD), che contrassegnava le imprese iscritte nel Registro delle Ditte, è stato mantenuto nel nuovo Registro delle Imprese con il nome di numero REA (Repertorio Economico Amministrativo).

Le informazioni contenute nel Registro delle Imprese circa la natalità e mortalità delle imprese sono disponibili online – solitamente accompagnate da un comunicato stampa che ne commenta l’andamento nel tempo - a cadenza trimestrale nell’archivio Movimprese a partire dal 1° trimestre 1995 (https://www.infocamere.it/movimprese) e regolarmente aggiornate dalla Società di Informatica delle CCIAA (InfoCamere) cui è stata affidata la gestione del patrimonio informativo del sistema camerale. Le stesse informazioni sono invece disponibili, sempre tramite l’archivio Movimprese, su supporto cartaceo e a cadenza semestrale per gli anni 1982-1994, mentre per i periodi antecedenti è necessario fare riferimento ai registri cartacei (tanto delle Ditte quanto delle Società) reperibili - in tutto o in parte - presso gli archivi storici delle CCIAA e riassunti nella Guida agli archivi storici delle Camere di commercio italiane (1996).

2 - L’archivio Movimprese (1982-2017)

L’archivio Movimprese aggrega le informazioni elementari per provincia, sezioni e divisioni di attività (facendo riferimento di volta in volta alla classificazione Ateco più recente), forma giuridica dell’impresa (società di capitali, società di persone, ditte individuali e altre forme) e per tipologia di informazione (imprese registrate, imprese attive, imprese iscritte, imprese cessate, variazioni). Com’è ovvio, una ricostruzione più che secolare delle informazioni relative alla natalità e mortalità delle imprese impone che vengano puntualmente affrontati una serie di problemi legati, in particolare, alla coerenza delle informazioni stesse nel tempo. Alcuni degli indicatori utilizzano, infatti, contestualmente informazioni di flusso e di stock, il che rende la coerenza dei dati ancora più rilevante. Di seguito si riportano le problematiche più rilevanti affrontate a questo fine. 2

Per il periodo 1982-2017, le informazioni elementari per provincia, comparto produttivo e forma giuridica dell’impresa – integrate e/o corrette come sarà meglio descritto in seguito al fine di consentirne la lettura nel tempo – sono riportate (in fogli Excel distinti per singolo anno ed in formato omogeneo) in www.dinamismo.brunoleoni.com/archivio.

2.1 La tipologia di informazioni

Solo dal 1991 le imprese registrate (e cioè presenti in archivio e non cessate, indipendentemente dallo stato di attività delle stesse) vengono distinte dalle imprese attive (e cioè iscritte ed esercenti l’attività e per le quali non risultano procedure concorsuali in corso). Prima di quella data – e quindi dal 1982 al 1990 – le informazioni su supporto cartaceo distinguono le imprese in iscritte, cessate e operative (ovvero attive), il numero di imprese registrate essendo peraltro facilmente calcolabile ricorsivamente (da momento che le imprese registrate al termine di un dato anno sono date dalla somma delle nuove iscrizioni al netto delle cessazioni nello stesso anno e delle imprese registrate al termine dell’anno precedente). La distinzione fra imprese registrate ed attive (o operative) è invece non disponibile per le informazioni desumibili dagli archivi storici, talché nella ricostruzione delle informazioni relative alla natimortalità di impresa a partire dall’Unità e fino al 1982, non potremo che riferirci alla più semplice distinzione fra imprese registrate, iscritte e cessate.

Il grado di approssimazione implicito in questa scelta può essere valutato facendo riferimento al periodo in cui tanto le imprese registrate quanto le attive sono rilevate (e cioè agli anni 1991-2017). In complesso, in questo periodo, i tassi di attività (imprese attive / imprese registrate) tendono a mostrare variazioni contenute nel tempo e nello spazio ma non fra settori di attività. In aggregato, nel periodo citato, i tassi di attività variano infatti fra l’84% e l’88%, attestandosi, in media in prossimità dell’86%, con una trascurabile tendenza decrescente. Fino al 2007, i tassi di attività dell’Italia centrale tendono a collocarsi al di sotto dei corrispondenti tassi dell’Italia settentrionale anche per 10 punti percentuali, allineandosi a questi ultimi nel decennio successivo. Più ampia la variabilità dei tassi di attività a livello settoriale, con valori prossimi al 99 per cento in agricoltura e non lontani dal 79% nelle industrie estrattive nella media del periodo. 3

Una eccezione degna di nota è rappresentata dalla categoria delle “Attività non classificate” che presenta tassi di attività estremamente ridotti e pari, nella media del periodo 1991-2017, a poco meno del 12%. In termini quantitativi, le “Attività non classificate” rivestono un ruolo tutt’altro che residuale. Facendo riferimento al periodo 1991-2017, esse rappresentano, in media, il 6% circa delle imprese registrate ma solo meno dell’1% delle imprese attive e possono dunque essere in qualche misura responsabili per il livello e l’evoluzione del tasso di attività a livello aggregato. Se si fa riferimento alla più recente Guida all’utilizzo di ATECO (2016) 4 , la non classificazione di alcune attività in occasione della loro registrazione deriva dalla difficoltà di risalire dal contenuto della registrazione stessa ad uno dei settori di attività individuati dai codici ATECO. A sua volta ciò deriva dalla presenza di non pochi casi in cui la costituzione di impresa avviene, per così dire, al buio e cioè prima che sia chiaramente identificato il settore di attività di interesse. Si noti che la rilevanza crescente del fenomeno almeno fino alla metà del primo decennio del secolo sembra essere in qualche modo connesso alla crescente presenza di imprenditori immigrati.

È opportuno, inoltre, segnalare che la stessa relazione fra flussi e stock in momenti diversi non è sempre esattamente verificata. Nella media del periodo 1991-2017 sono presenti infatti discrepanze annue pari allo 0,02% circa e imputabili al fatto che, se le iscrizioni e le cancellazioni registrano solo l’apertura o la chiusura effettiva di nuove imprese, le registrazioni riflettono anche altri tipi di variazioni (ad esempio, il cambio di attività o di natura giuridica). Si tratta comunque di discrepanze di misura tale da non impedire – con le avvertenze di cui oltre - la ricostruzione degli stock di imprese registrate anche per gli anni precedenti il 1991 a partire dai flussi dei singoli anni e dallo stock di partenza. 5

A ciò si aggiunga che le disposizioni normative ricordate in precedenza hanno determinato, in alcuni casi, modifiche nell’universo di riferimento (ampliando, ad esempio, il numero di tipologie imprenditoriali soggette all’obbligo di registrazione), determinando così delle discontinuità in grado di rendere non sempre pienamente leggibili le serie temporali.

È quel che è accaduto, ad esempio, a seguito dell’attuazione dell’articolo 8 della citata legge 29 dicembre 1993, n.580 (istitutiva dell’ufficio del Registro delle Imprese, che, già operativo dal 19 febbraio 1996, è entrato a regime a partire dal 27 gennaio 1997). Tra le altre novità sul piano legale, la norma citata prevedeva l'obbligo di iscrizione per tutti coloro che esercitano attività imprenditoriali, compresi alcuni soggetti in precedenza esentati: società semplici, piccoli imprenditori, imprenditori agricoli e coltivatori diretti. Di conseguenza, i flussi delle iscrizioni ed anche delle cessazioni registrano – nella sola categoria delle ditte individuali - negli anni 1996 e 1997, in particolare, incrementi significativi e non imputabili a nuove iniziative imprenditoriali in particolare nella sezione “Agricoltura, silvicoltura e pesca”. L’incremento delle cessazioni è osservabile, in particolare, nel solo 1997 il che suggerisce che alcune delle ditte individuali iscritte per la prima volta nel 1996 siano poi cessate a breve distanza di tempo.

Al fine di preservare la comparabilità delle informazioni nel tempo, i dati originali di iscrizioni e cessazioni per il periodo 1982-1997 sono stati corretti utilizzando come benchmark - a livello di singola provincia e nel solo caso delle ditte individuali appartenenti al comparto “Agricoltura, silvicoltura e pesca” – la media, sull’intero periodo (al netto del biennio 1996-1997) e per il sottoinsieme di ditte citato, dei rapporti fra iscrizioni e cessazioni dello specifico comparto ed iscrizioni e cessazioni degli altri comparti produttivi, rivedendo poi, di conseguenza, lo stock di registrazioni relative allo stesso sottoinsieme ricorsivamente. Ciò equivale, sostanzialmente, ad ipotizzare che le nuove iscrizioni conseguenti alla concreta attuazione della normativa del 1993 si siano determinate già a partire dal 1982. La procedura equivale a sostituire, provincia per provincia, i dati osservati con la stima derivabile dall’andamento negli anni citati dei comparti diversi dal comparto “agricoltura, caccia e silvicoltura” e trova ovviamente un limite nel fatto che, così facendo, si trascurano i movimenti del sottoinsieme analizzato (ditte individuali del comparto “agricoltura, caccia e silvicoltura” iscritte a seguito del dettato della legge 29 dicembre 1993, n.580) negli anni precedenti il 1996. L’alternativa alla procedura appena citata consiste nel trascurare del tutto il comparto “Agricoltura, silvicoltura e pesca” e limitarsi a considerare un aggregato che potremmo definire come “Italia non agricola”. Nel periodo 1991-2017 la correlazione fra i due aggregati (“Italia” ed “Italia non agricola”) è peraltro elevatissima (e pari o superiore al 90% per i tassi di natalità e di mortalità).

Diverso è il caso, nel biennio 1995-1996, delle informazioni relative alle sole ditte individuali della provincia di Perugia che presentano iscrizioni e cessazioni superiori allo stock di registrazioni alla fine dello stesso anno. In questo caso, le Avvertenze relative allo stesso anno parlano di “distorsioni derivanti dalla messa in linea degli archivi”. In assenza di ulteriori dettagli, i dati “distorti” sono stati corretti utilizzando come benchmark l’informazione contenuta nei dati relativi alle provincie limitrofe (ed in particolare alla provincia di Terni).

Ultime, ma non meno importanti, sono le carenze informative presenti nel periodo 1982-1991, per il quale sono del tutto assenti le informazioni relative ad alcune provincie e/o regioni. Si seguito una lista dettagliata delle lacune:

  • 1982: Regioni Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Trentino Alto Adige, Provincie di Como, Milano (in avviamento), Napoli, Rieti, Roma, Sondrio.
  • 1983: Regioni Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Trentino Alto Adige, Provincie di Como, Milano (in avviamento), Napoli, Rieti, Roma, Sondrio.
  • 1984: Regioni Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Trentino Alto Adige, Provincie di Como, Milano (in avviamento), Napoli, Rieti, Roma, Sondrio.
  • 1985: Regioni Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, Provincie di Caltanissetta, Catania, Como, Messina, Milano (in avviamento), Napoli, Ragusa, Rieti, Roma, Siracusa, Sondrio.
  • 1986: Regione Friuli Venezia Giulia, Provincie di Bolzano (in avviamento), Caltanissetta, Catania (in avviamento), Como, Messina, Napoli (in avviamento), Rieti, Roma, Siracusa, Sondrio, Trento (in avviamento).
  • 1987: Provincie di Caltanissetta, Como, Messina, Trieste, Gorizia
  • 1988: Provincie di Caltanissetta e Messina
  • 1989: Provincie di Caltanissetta e Messina
  • 1990: Provincie di Messina, Caltanissetta (primo semestre)
  • 1991: Provincia di Messina (primo semestre)

Un attento esame degli andamenti delle iscrizioni e cessazioni nelle provincie menzionate lascia supporre che in alcuni casi i dati apparentemente riferiti al primo anno (o al primo semestre) in cui una provincia risulta presente corrispondono, in realtà, per quanto riguarda gli stock (imprese registrate ed operative) ai dati di fine periodo dell’anno (o del semestre) citato e, per quanto riguarda i flussi (imprese iscritte e cessate, variazioni) ai dati cumulati sull’intero periodo 1982-1990. Ad esempio, nel caso di Messina i dati di stock relativi al secondo semestre 1990 corrispondono alla rilevazione al 31 dicembre di quell’anno, mentre i dati di flusso non sono altro, con ogni probabilità, che la somma dei flussi osservati sull’intero periodo 1982-1990. Di conseguenza, in questi casi le informazioni relative ai singoli anni sono state ricostruite spalmando sull’intero periodo a partire dal 1982 i dati di flusso riportati nell’anno (o nel semestre) in cui la singola provincia compare per la prima volta. Altrettanto non può dirsi, invece e per fare un secondo esempio, per il caso di Caltanissetta in cui i dati di flusso non sembrano essere la sommatoria di flussi passati ma sembrano riferirsi invece al solo semestre di rilevazione. In questo secondo caso, è stato necessario imputare i dati mancanti e la ricostruzione della evoluzione temporale o l’imputazione del dato mancante è stata effettuata utilizzando l’informazione contenuta nel dato di livello immediatamente superiore come benchmark (e, dunque, facendo riferimento alla regione Sicilia o, in assenza del dato regionale, alla circoscrizione Mezzogiorno e Isole). 6

Infine nell’intero periodo 1982-1990, le informazioni aggregate fra tipologie di imprese – che non comprendono, si noti, la tipologia “altre forme” - non corrispondono alla somma delle informazioni relative alle singole voci. Emerge infatti una discrepanza sia per quanto riguarda le imprese operative che per quanto riguarda le iscrizioni e le cessazioni (i dati compresi fra il 1982 ed il 1990 non riportano le variazioni). Le “Avvertenze” che accompagnano le tavole cartacee riferite all’anno 1990 identificano questa discrepanza con una quarta categoria denominata “Altre società” (non evidenziata per esigenze di spazio). In assenza di ulteriori informazioni e alla luce della evidenza dei dati, è impossibile assimilare questa categoria residuale alla categoria “Altre forme” presente a partire dal 1991. La comparazione, nell’anno 1990, fra lo stock di imprese registrate appartenenti alla categoria “Altre forme” ricostruito ricorsivamente a partire dai dati 1991 e lo stock di imprese operative appartenenti alla categoria “Altre società” suggerisce che imprese appartenenti (a partire dal 1991) alla categoria “Altre forme” abbiano trovato posto, nel periodo 1982-1990, nella categoria “Società di capitali”. Ciò rende impossibile la comparazione nel tempo delle informazioni distinte per forma giuridica ma non intacca la comparazione nel tempo a livello aggregato.

Nel complesso, le integrazioni della base informativa appena descritte fanno riferimento ad una quota piuttosto ridotta dell’universo delle informazioni disponibili. Su un totale annuo di poco meno di 27 mila osservazioni elementari (riferite cioè alla singola provincia, al singolo settore, alla singola forma giuridica ed alla singola tipologia di trascrizione) la quota di osservazioni elementare soggetta a correzione (indicata in rosso nei singoli file annuali) è compresa fra l’1,6% e l’1,9% nel periodo 1991-1997 ed è pari al 6,3% nel periodo 1988-1991.

2.2 L’ambito territoriale

Nel corso del tempo il sistema camerale ha attraversato non poche vicissitudini. A breve distanza dall’unificazione – con legge 6 luglio 1862, n. 680 – si definì un assetto unitario per le Camere di Commercio, estendendole all’intero neonato Regno d’Italia, sancendone la elettività e la autonomia finanziaria e limitando l’ingerenza governativa alla approvazione dei bilanci ed allo scioglimento delle stesse Camere. Alla stessa data si contavano 26 Camere di commercio. A distanza di circa mezzo secolo – con legge 20 marzo 1910, n. 121 – le Camere assunsero la denominazione di Camere di Commercio e Industria, videro ampliate le loro attribuzioni ma, soprattutto, furono messe in grado di svolgere compiutamente l’attività di certificazione grazie alla obbligatorietà della denuncia delle ditte del distretto fino a quel momento facoltativa. Alla data della riforma si contavano 77 Camere di Commercio e Industria.

Con la riforma del 1910 si posero le basi per la trasformazione delle Camere in enti pubblici che intervenne formalmente con il RDL 8 maggio 1924, n. 750 (cd. Legge Corbino). Il passo successivo – dovuto alla legge 18 aprile 1926, no. 731 – sarebbe stato il pieno inquadramento del sistema camerale nel sistema statale attraverso la soppressione delle Camere di Commercio e Industria e la istituzione dei Consigli Provinciali dell’Economia (dal 1931, Consigli Provinciali dell’Economia Corporativa e, dal 1937, Consigli Provinciali delle Corporazioni) in tutte le provincie del Regno (il che portò a oltre 80 il numero degli organismi camerali presenti). Nell’Italia liberata il D.LG.LGT. 21 settembre 1944, n. 315, soppresse a sua volta i Consigli Provinciali delle Corporazioni sostituendoli, in ogni provincia, con le Camere di Commercio, Industria e Agricoltura (con le funzioni ed i poteri dei Consigli soppressi). Successivamente – con legge 26 settembre 1966, n. 792 – la denominazione delle Camere venne estesa fino a ricomprendere, come ancora oggi, l’Artigianato.

Con il riordino intervenuto con la legge 29 dicembre 1993, n. 580, le Camere divennero “enti autonomi di diritto pubblico” con sede, generalmente, in ogni capoluogo di provincia. Ad esse venne affidata la regolamentazione dell’accesso e dello svolgimento delle attività economiche mediante la gestione dei registri, nonché una serie di attività promozionali. A seguito della riforma costituzionale del Titolo V, il legislatore tornò sul tema – con il D.LGS. 15 febbraio 2010, n. 23 - per fare un passo ulteriore nella direzione già intrapresa nel 1993, definendo le Camere come enti pubblici dotati di autonomia funzionale e richiamando espressamente il principio di sussidiarietà sancito dall’art. 118 della Costituzione. Diversamente da quanto accaduto in passato, si stabilì in quella occasione che l’istituzione di nuove Camere non seguisse alla istituzione di nuove provincie ma diventasse possibile solo in presenza di un adeguato tessuto imprenditoriale (e purché fosse assicurato l’equilibrio economico finanziario dell’ente). La scelta di intervenire anche sulla articolazione territoriale del sistema camerale trovò, infine, espressione compiuta a soli pochi anni di distanza con il D.LGS. 25 novembre 2016, n. 219, e con la conseguente rideterminazione delle circoscrizioni territoriali, con la istituzione delle nuove Camere di commercio e con la soppressione di quelle interessate dal processo di accorpamento e razionalizzazione. Le CCIAA passavano così da 105 a 60 in virtù di accorpamenti volontari o disposti dal Ministero dello Sviluppo Economico.

Come si vede, nel corso del tempo, alle modifiche intervenute nelle competenze, nelle modalità di finanziamento e nella stessa natura delle Camere si sono associate variazioni non piccole nei territori di riferimento degli enti cui si sono spesso sovrapposte le istituzioni o, molto più raramente, le soppressioni di enti provinciali. Nel periodo 1982-2017 si registrano le istituzioni delle provincie di Crotone (per la quale le informazioni sono disponibili dal 1995), Vibo Valentia (1994), Rimini (1994), Lecco e Lodi (1994), Fermo (2008), Biella (1995), Verbania (1995), Prato (1994). A livello di singola provincia, gli eventi citati sono fonte di distorsioni non piccole nella informazione contenuta nei Registri delle Imprese in quanto, in caso di istituzione di nuova provincia, le imprese già registrate presso la Camera di commercio della “provincia madre” vengono cancellate dalla stessa prima di essere nuovamente registrate presso la Camera di Commercio della “provincia figlia”. Il che, come si può intuire, può influire considerevolmente sui tassi di natalità e mortalità della singola provincia (anche se non ha effetti a livello regionale o, a maggior ragione, a livello nazionale). Possono porsi, quindi, problemi evidenti di omogeneità nel tempo delle osservazioni elementari.

2.3 La classificazione settoriale

Le informazioni disponibili a partire dal 1982 risultano aggregate con riferimento alle diverse classificazioni ATECO di volta in volta prevalenti. La Tabella A propone lo schema di aggregazione settoriale inteso a garantire anche sotto questo aspetto una ragionevole omogeneità delle osservazioni, costruito mantenendo fermo come punto di riferimento la classificazione ATECO 2010. Al livello di aggregazione prescelto, la corrispondenza fra le voci delle diverse classificazioni ATECO è ragionevolmente elevata ma sono state necessarie alcune aggregazioni. In particolare la nuova formulazione prevede un’unica voce riferita alle forniture energetiche e di acqua mentre nell’ATECO 2010 i due elementi sono separati. Un’altra significativa differenza riguarda la voce “Poste e telecomunicazioni” che per, preservare il massimo grado di omogeneità rispetto alla classificazione ATECO 2010, è stata collocata all’interno della voce “Informazione” e non già la sola voce “Telecomunicazioni”. Al netto di altri piccoli spostamenti all’interno delle sezioni, l’ultima aggregazione sostanziale riguarda una serie di voci riconducibili ai servizi alle persone, famiglie e aziende che sono state aggregate in una unica categoria definita Altri Servizi.

É appena il caso di osservare come per gli anni precedenti il 1982, essendo disponibili i dati elementari, le singole informazioni sono state attribuite ai singoli macro settori facendo riferimento alla attività indicata al momento della iscrizione dell’impresa.

Tabella A: Schema di aggregazione settoriale (1982-2017)

SCHEMA DI AGGREGAZIONE ATECO 2010 ATECO 1995 ATECO 1982
Agricoltura, silvicoltura e pesca (Agricoltura) A A+B
Estrazione di minerali da cave e miniere (Attività estrattiva) B C 2+1°
Attività manifatturiere (Manifattura) C D-DE22 3+4
Forniture di energia elettrica, gas vapore, aria condizionata, e acqua, reti fognarie, attività di gestione dei rifiuti e risanamento (Forniture) D+E E 1-1°
Costruzioni (Costruzioni) F F 5
Commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli (Commercio) G G 6-6.6
Trasporto e magazzinaggio (Trasporti) H I-I63-I64 7-7.7-7.9
Attività dei servizi di alloggio e ristorazione (Ospitalità) I H 6.6
Servizi di informazione e comunicazione (Informazione) J K72+DE22+I64 7.9
Attività finanziarie e assicurative (Finanza) K J 8-8.4
Attività professionali, scientifiche e tecniche (Professioni) M K73+K74 9.4
Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese (Noleggio) N K71+I63 8.4+7.7
Istruzione (Istruzione) P M 9.3
Sanità e assistenza sociale (Sanità) Q N 9.5
Attività immobiliari; Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento; Altre attività di servizi; Attività di famiglie e convivenze; Organizzazioni ed organismi territoriali; Amministrazione pubblica e difesa, assicurazione sociale obbligatoria; (Altri servizi) L+O+R+S+T+U K70+O+O90+092+P 9.2+9.6+9.7+9.8
Attività non classificate NC NC NC

3 - Gli Archivi storici (1910-1981; in costruzione)

In linea di principio, sarebbe possibile estendere le informazioni disponibili a partire dal 1982 ricorrendo agli Archivi storici della CCIAA ed in particolare ai Registri delle ditte (in essere a partire dal 1911) ed ai Registri delle Società (presenti fin dall’Unità). Un database con queste caratteristiche costituirebbe, naturalmente, una fonte informativa di grande importanza consentendo, fra l’altro, anche ricostruzioni molto puntuali, a livello territoriale, della demografia di impresa nel Paese.

Si tratterebbe di un obiettivo molto ambizioso e, peraltro, per alcuni versi semplicemente irrealizzabile. Come è facile evincere dalla citata Guida agli archivi storici delle camere di commercio italiane (1996), in non pochi casi gli Archivi storici camerali presentano lacune e carenze attribuibili ad eventi naturali (terremoti, alluvioni, incendi, …) o umani (eventi bellici). Se, dunque, la ricostruzione dell’universo informativo appare semplicemente impossibile, è però certamente possibile selezionare all’interno delle 105 provincie un campione significativo e in grado di condurre a conclusioni ragionevolmente affidabili. In prima approssimazione quindi l’attenzione si è concentrata su 10 capoluoghi di provincia (Torino, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Ancona, Roma, Napoli, Bari, Palermo) presumibilmente in grado di rappresentare in maniera attendibile le principali tendenze della natimortalità di impresa di tutto il territorio italiano (fermo restando, però, che la natura peculiare – diffusa e spesso tutt’altro che confinata alle grandi aree metropolitane - della imprenditoria italiana imporrebbe un allargamento dell’indagine anche oltre questo primo campione). A seguito di una prima istruttoria, l’indagine si è concentrata sui soli Archivi storici delle CCIAA di Milano, Ancona, Roma e Torino.

L’obiettivo di fondo – è bene ribadirlo - non è, quindi, quello di un completo censimento bensì quello della costruzione di un campione significativo in grado di offrire una indicazione attendibile circa le principali dinamiche della nati-mortalità di impresa. Sotto questo profilo è opportuno tenere presente quanto segue

Facendo riferimento al periodo 1991-2017, ed ai principali indicatori di natimortalità delle imprese (tasso di natalità, tasso di mortalità, turnover netto, turnover lordo) le correlazioni fra il campione composto dalle quattro provincie di Milano, Ancona, Roma e Torino e l’aggregato nazionale sono piuttosto elevate e oscillano fra il 94% (natalità) ed il 58% (mortalità). Quel che è ancora più importante è che non sembrano registrarsi variazioni particolarmente elevate delle stesse correlazioni nel tempo.

Su queste basi è possibile esaminare separatamente il contenuto dei quattro Archivi oggetto di indagine le cui informazioni elementari per il periodo 1910-1981, per provincia, comparto produttivo e forma giuridica dell’impresa – laddove disponibili ovvero integrate e/o corrette come sarà meglio descritto in seguito – sono riportate (in fogli Excel distinti per singolo anno ed in formato omogeneo) in www.dinamismo.brunoleoni.com/archivio.

1Stefano Chianese (Università di Roma Tor Vergata) e Nicola Rossi (Istituto Bruno Leoni, Università di Roma Tor Vergata)

2Fra queste va citata la discrepanza fra il numero di imprese cessate riportato nei database trimestrali e annuali e le cessazioni riportate nei comunicati stampa. In quel che segue faremo comunque riferimento alle informazioni contenute nei database.

3Per chiarezza, il database regolarmente aggiornate dall’OCSE (www.oecd-ilibrary.org/industry-and-services/entrepreneurship-at-a-glance_22266941) fa riferimento, ad esempio, alle imprese attive ma copre un ambito temporale ben più limitato di quello cui fa riferimento questa Appendice. Pubblicato a partire dal 2011, Entrepreneurship at a Glance riporta un ampio ventaglio di informazioni sul dinamismo imprenditoriale ma solo a far data dal 2005. Il Registro statistico ASIA su cui l’ISTAT basa le proprie rilevazioni sulla demografia d’impresa (https://www.istat.it/it/archivio/219823) fa anch’esso riferimento alle imprese attive ma non riguarda gli anni precedenti il 1996.

4http://ateco.infocamere.it/ateq/getDocument.action?fileReference=GuidaATEQ.pdf&fileContentType=application/pdf&fileContentDisposition=inline

5Come si vedrà meglio in seguito, la ricostruzione della variabile di stock sarà comunque posta a confronto, negli anni rilevanti, con le informazioni desumibili dalle indagini censuarie negli anni rilevanti al fine di accertarne la piena attendibilità.

6Dal momento che le fonti di disomogeneità citate possono, in alcuni anni, sovrapporsi, è opportuno segnalare che le correzioni /o integrazioni delle informazioni originarie sono state effettuate nell’ordine indicato nel testo

Ringraziamo inoltre per il sostegno
Ringraziamo inoltre UnionCamere e le Camere di Commercio di Ancona, Milano-Monza-Brianza-Lodi, Roma e Torino.